La riforma del sistema elettorale ad opera della L. 270/2005 è stata censurata dalla Consulta in relazione al meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza ed alle modalità di espressione del voto per liste concorrenti, senza la preferenza del candidato.
Quanto al primo profilo, la Corte Costituzionale ha osservato: "Le disposizioni censurate non si limitano, tuttavia, ad introdurre un correttivo (ulteriore rispetto a quello già costituito dalla previsione di soglie di sbarramento all’accesso, di cui al n. 3 ed al n. 6 del medesimo comma 1 del citato art. 83, qui non censurati) al sistema di trasformazione dei voti in seggi «in ragione proporzionale», stabilito dall’art. 1, comma 2, del medesimo d.P.R. n. 361 del 1957, in vista del legittimo obiettivo di favorire la formazione di stabili maggioranze parlamentari e quindi di stabili governi, ma rovesciano la ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso legislatore del 2005, che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare. In tal modo, dette norme producono una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, secondo l’art. 1, secondo comma, Cost. In altri termini, le disposizioni in esame non impongono il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista (o coalizione di liste) di maggioranza relativa dei voti; e ad essa assegnano automaticamente un numero anche molto elevato di seggi, tale da trasformare, in ipotesi, una formazione che ha conseguito una percentuale pur molto ridotta di suffragi in quella che raggiunge la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea..." (v. C.Cost. n. 1/2014)
Quanto al secondo profilo, la Corte Costituzionale ha osservato che "....Simili condizioni di voto, che impongono al cittadino, scegliendo una lista, di scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati in essa elencati, che non ha avuto modo di conoscere e valutare e che sono automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori, rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali). Le condizioni stabilite dalle norme censurate sono, viceversa, tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti. Anzi, impedendo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare, e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost. (sentenza n. 16 del 1978)" (v. C.Cost. n. 1/2014).
Per l'assegnazione del premio di maggioranza alla Camera dei Deputati, il nuovo sistema (introdotto dalla Legge n. 52/2015, il c.d. italicum) prevede tre diverse ipotesi che in ogni caso porteranno ad un vincitore capace di controllare almeno 340 seggi, pari al 55 % del totale dei 618 deputati eletti in Italia (i 12 seggi eletti all'estero non sono conteggiati). Il meccanismo del premio di maggioranza dovrebbe favorire la formazione di stabili maggioranze ma non certo quella di privare il dibattito politico della sua sede naturale, il Parlamento. Tali sono infatti i possibili scenari a seguito del voto:
- nessuna forza politica raggiunge il 37 % dei voti > quante che siano le forze partecipanti alle elezioni ed indipendentemente dalle percentuali di consenso ottenute, le due liste o coalizioni che hanno ottenuto il maggior numero di voti vanno al ballottaggio ed il vincitore tra i due ottiene il controllo della Camera con 340 seggi
- la lista o coalizione vincitrice raggiunge il 37% dei voti ma non arriva a conquistare tutti e 340 i seggi in palio > senza necessità di procedere al ballottaggio, viene automaticamente assegnato un premio di maggioranza, che porta a 340 il numero di seggi conquistati dal vincitore
- la lista o coalizione vincente raggiunge e supera la soglia del 37% conquistando almeno 340 seggi > in questo caso, ovviamente, non verrà assegnato alcun premio di maggioranza
Per quanto invece concerne le modalità di espressione del voto per liste, la nuova Legge elettorale consente al cittadino di indicare le proprie preferenze in merito al singolo candidato ma resta un gran numero di deputati che verrà insediato in Parlamento non per essere stato eletto, ma nominato dal movimento di appartenenza. Si tratta dei tanto discussi c.d. capolista bloccati.
Ogni lista o coalizione designa un capolista per ognuno dei 100 collegi ed un singolo capolista può essere candidato in diversi collegi, sin ad un massimo 10 collegi: il capolista ottiene il seggio con precedenza rispetto agli altri candidati, indipendentemente dal numero di preferenze ricevute. In sostanza, alla fine dei giochi ogni movimento contendente sarà in grado di far sedere in Parlamento fino a 100 onorevoli nominati dai partiti: i deputati non eletti dal Popolo rimarranno probabilmente una minoranza.
La nuova Legge elettorale (il c.d. italicum) non sembra tradire lo spirito del porcellum ed infatti ne ripropone sostanzialmente i contenuti, al punto che almeno di porcellinum sarebbe pur sempre appropriato parlare. La Consulta doveva pronunciarsi in ordine alla legittimità costituzionale della nuova Legge elettorale già lo scorso 4 Ottobre ma, con uno spiacevolissimo tempismo, il Giudizio è stato purtroppo rinviato a data da destinarsi (inutile commentare).
E' dunque inevitabile che il progetto di riforma costituzionale del 2016 sia stato molti letto in rapporto alla nuova Legge elettorale, anche in considerazione del fatto che nel testo della riforma la fiducia al Governo doveva essere votata, soltanto dalla Camera dei Deputati: ciò avrebbe portato secondo gli orientamenti più critici, ad una preminenza della Camera sugli altri poteri ed istituzioni e, date le circostanze sopra richiamate, uno strapotere del partito di maggioranza (per approfondimenti, v. AA.VV., io dico no. modifiche costituzionali e italicum, EGA, 2016 ⧉).
Nei lustri passati si sono alternate forze di diverso colore politico ma, nonostante le apparenti divergenze, c'è una cosa sulla quale a conti fatti pare siano tutti d'accordo: avere un Parlamento non rappresentativo della composizione del sentimento popolare ed onorevoli che non siano eletti dal Popolo (ma designati secondo meccanismi che, indipendentemente dai proclami, restano oscuri o comunque, nei migliori dei casi, privi delle più elementari garanzie). A tale proposito, non si può fare a meno di rilevare che secondo la proposta riforma costituzionale, anche il nuovo Senato non doveva più essere eletto dal Popolo, ma nominato dai Consigli Regionali (con la conseguenza che le relative nomine sarebbero state di fatto affidate a dinamiche politiche e di partito destinate a rimanere oscure alle masse).
A seguito del referendum del 04 Dicembre 2016, la riforma costituzionale è caduta nel vuoto e, pochi mesi più tardi, la Corte Costituzionale si è finalmente espressa sull'italicum con sentenza n. 35/2017.
L'intervento della Consulta, tuttavia, è stato piuttosto "timido" e pare poco coerente rispetto alla posizione ben più rigorosa assunta in occasione della precedente sentenza n. 1/2014, sopra citata. In effetti, pare aver "toccato" soltanto il meccanismo del ballottaggio e la facoltà, riconosciuta al deputato eletto in più collegi, di dichiarare alla Presidenza della Camera dei deputati, entro otto giorni dalla data dell’ultima proclamazione, quale collegio plurinominale prescelga.
Il testo integrale della Sentenza n. 35/2017 è reso disponibile: CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA N. 35/2017: LA DECISIONE SULL'ITALICUM
Avv. Carlo Florio
Editoria Giuridica ⧉ |