Il Giudice chiamato a liquidare il compenso dell'avvocato non può applicare somme praticamente simboliche e non consone al decoro della professione poiché ne risulterebbe altrimenti violata la norma di cui al secondo comma dell'art. 2233 c.c. (v. Cass. civ., Sez. VI - 2, Ord., ud. 06/12/2018, dep. 21/01/2019, n. 1522, testo integrale in calce).
Sulla necessità di fornire adeguata motivazione in ordine alla liquidazione dei compensi in misura inferiore ai parametri minimi, peraltro, la Corte di Cassazione si è ripetutamente espressa (Cass. Sez. 6-3, 15/12/2017, n. 30286; Cass. Sez. 6 - L, 31/01/2017, n. 2386; Cass. Sez. 6-1, 16/09/2015, n. 18167).
Con l'occasione, la Corte ha altresì ribadito il principio per cui l'equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo - di cui alla L. n. 89 del 2001 - vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all'avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione nel D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tabella 12 allegata (cfr. Cass. Sez. 2, 10/04/2018, n. 8818; Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4689; Cass. Sez. 6-2, 14/11/2016, n. 23187; Cass. Sez. 1, 17/10/2008, n. 25352).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
A CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: [omissis]
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12451-2018 proposto da: M.M., Z.S., I.P., elettivamente domiciliati in [omissis], presso lo studio dell'avvocato [omissis], che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato [omissis]; - ricorrenti -
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, [omissis]; - intimati -
avverso
il decreto della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 03/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. [omissis].
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Z.S., M.M. e I.P. propongono ricorso articolato in unico motivo per la cassazione del decreto reso dalla Corte d'Appello di Perugia il 3 novembre 2017. Questo decreto ha condannato il Ministero della Giustizia all'equa riparazione in favore dei ricorrenti, pari ad Euro 500,00 pro capite, per la irragionevole durata di un giudizio di equa riparazione iniziato nel maggio 2005 davanti alla Corte d'Appello di Roma e definito con sentenza della Corte di cassazione del 13 maggio 2009.
La Corte d'Appello di Perugia ha altresì liquidato Euro 203,00 a titolo di compenso, sulla base del "minimo previsto" per la "semplicità del giudizio" e l'esiguità delle somme" oggetto di lite. Il Ministero della Giustizia, intimato, non ha svolto attività difensive. L'unico motivo di ricorso denuncia la violazione dell'art. 91 c.p.c. e art. 2233 c.c., comma 2, nonchè del D.M. n. 55 del 2014. I ricorrenti espongono che la liquidazione delle spese processuali operata dalla Corte d'Appello di Perugia sia inferiore ai minimi dettati dal D.M. n. 55 del 2014, Tabella 12, (indicando le singole attività e fasi ed i relativi importi tariffari).
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380 bis c.p.c., in relazione all'art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio.
Il motivo di ricorso è fondato. Questa Corte ha già precisato come il procedimento per l'equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo - di cui alla L. n. 89 del 2001 - vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all'avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione nel D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tabella 12 allegata (cfr. Cass. Sez. 2, 10/04/2018, n. 8818; Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4689; Cass. Sez. 6-2, 14/11/2016, n. 23187; Cass. Sez. 1, 17/10/2008, n. 25352).
Peraltro, è stato anche chiarito come, in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell'art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione.
La liquidazione disposta dalla Corte di Perugia opera, invece, una globale determinazione dei compensi, in misura notevolmente inferiore a quelli minimi di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tabella 12 allegata, senza dare alcuna adeguata motivazione (Cass. Sez. 6-3, 15/12/2017, n. 30286; Cass. Sez. 6 - L, 31/01/2017, n. 2386; Cass. Sez. 6-1, 16/09/2015, n. 18167).
Conseguono l'accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, con rinvio alla Corte d'Appello di Perugia, che, in diversa composizione, sottoporrà la causa a nuovo esame, tenendo conto dei rilievi svolti, e provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei limiti della censura accolta e rinvia alla Corte d'Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile della Corte suprema di cassazione, il 6 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2019